Dino Buzzati, a celebrated Italian author, is back in the spotlight with the release of “Cronache fantastiche,” an anthology featuring over a hundred of his previously published and unpublished articles. Compiled by Lorenzo Viganò and released by Mondadori, this collection showcases Buzzati’s unique ability to blend journalism and literature, a skill he honed from his first article at age 26 to his final piece at 65. The anthology highlights buzzati’s profound influence on narrative storytelling, revealing how his journalistic experiences shaped his literary works, including the acclaimed “Deserto dei Tartari.” As readers delve into these articles, they will discover the intricate relationship between reality and fiction that defines Buzzati’s enduring legacy.> con cui ne doveva scrivere incisero sensibilmente sulla sua formazione, fino a creare con la letteratura (ma anche con la pittura, la drammaturgia, la poesia…) un continuo interscambio. Così, se spesso da cronista egli prendeva i fatti e i fattacci dell’esistenza e li trasformava in racconti, nei libri di narrativa seguiva il procedimento opposto e trasformava i racconti in cronache. Fantastiche, appunto. Molte delle quali non sarebbero sfigurate tra le «ultimissime» del giornale anziché sulla Terza pagina.
E il motore più indicato ad accenderle e il contenitore più adatto a ospitarle fu proprio l’elzeviro che ha sempre avuto forti legami con la conformazione stessa del giornale: la lunghezza, mai superiore alle due colonne; l’impaginazione, non troppo distante da quella di una notizia classica; la condivisione della pagina con altri fatti, di società e cultura; la presenza quotidiana, che imponeva a ogni autore un rigoroso rispetto della data di consegna; la sua lettura, che avveniva tra una notizia di politica e una di sport; e la sua vita, che era di un giorno soltanto, esaurendosi quando il foglio che lo ospitava finiva nella spazzatura per fare posto a quello nuovo.
Dunque una forma narrativa perfetta per Dino Buzzati che aveva nel proprio Dna la misura e l’architettura dell’articolo; un genere tagliato su misura per lui perché gli permetteva di praticare contemporaneamente giornalismo e letteratura; di partire da «una scheggia di realtà»,per dirla con Giulio Nascimbeni,e costruire una storia (le cui prime righe assomigliano infatti più a un attacco giornalistico che a un incipit letterario). «D’altra parte» scrive, «non sono forse strani, e pieni di cose stranissime, i tempi che viviamo? Proprio in questi anni la realtà ha superato, e ogni giorno supera, ciò che fino a ieri sarebbe parso inverosimile follia».
Attenzione, però: ciò che caratterizza le «cronache fantastiche» è che al momento opportuno Buzzati si sa staccare dalla notizia per proiettare la vicenda in un «altro mondo» — un mondo parallelo che la sua penna svela tagliando, come un bisturi, il velo che separa la realtà dal fantastico — e trasformare quel racconto in un racconto puro.
Così può inventare un quiz «infernale» partendo dalla trasmissione Lascia o raddoppia?; può, cinquant’anni dopo la morte, fare risvegliare giuseppe Verdi nel letto della sua camera d’albergo mandando nel panico il direttore; può immaginare Nikita Kruscev che regala a sua nipote una grande matrioska di legno la cui progressiva apertura viene sottolineata da tuoni misteriosi e sinistri; può raccontare la morte di Molotov ispirandosi alla canzone Vecchio frack di modugno; può, ancora, rivelare i pensieri intimi di un serial killer, i viscidi sotterfugi di un impiegato per screditare i suoi colleghi d’ufficio, l’esistenza di una Venezia parallela nella quale ci si può ritrovare come trasportati da una macchina del tempo. Può, inventare racconti con riferimenti — espliciti o velati — alla politica mondiale, soprattutto alla Guerra fredda e al comunismo, ma anche indagare le classiche paure dell’uomo — dell’ignoto, delle malattie, della perdita della grande occasione, della solitudine, del giudizio nel tribunale dell’aldilà.
Nonostante avesse con il «Corriere della Sera» un accordo per scrivere due/tre elzeviri al mese, sono pochi quelli meno riusciti, risolti con il mestiere. Non vale dunque per Buzzati ciò che scrisse Tommaso landolfi a proposito di quelli che chiamava «innocenti raccontini»: «Si potrà andare avanti per un certo tempo,ma poi essi dovranno per forza diventare via via più fiacchi,e dovrà addirittura inaridirsi la fonte». C’è, è vero, nelle storie di Buzzati, il ripetersi quasi ossessivo di alcuni temi, quelli classici della sua poetica — l’attesa, il precipitare del tempo, la morte… (non a caso diceva: «Ogni scrittore, ogni artista anzi, ha da dire una sola cosa, sulla quale fatalmente torna a rimestare tutta la vita»); ma la grandezza di Buzzati sta nell’averle sviluppate in maniera sempre diversa e originale, mettendovi tutto sé stesso affinché non si fermassero alla semplice narrazione di una storia, ma ponessero il lettore di fronte agli aspetti più oscuri dell’esistenza, lo ammonissero, lo invitassero a non fidarsi delle apparenze. Lo spaventassero.E questo ha permesso a ognuno di essi di mantenere nel tempo una forza autonoma, slegandosi dalle pagine del giornale sulle quali — e per le quali — era nato.
Perché quelli di Dino Buzzati non sono racconti di fantascienza: sono racconti dell’oggi, che rappresentano la realtà contemporanea. In quanto è lì, nella banalità del quotidiano, nelle pieghe della routine che si nascondono il mistero, il dramma, l’imprevisto, la morte. Lì che si annida l’ignoto e si apre quell’abisso che da un momento all’altro potrebbe inghiottirci e portarci via, rovesciando per sempre la nostra vita.Cronache fantastiche, curated by Lorenzo Viganò, has been released by Mondadori, featuring over a hundred essays originally published between 1934 and 1971. This collection includes many pieces that have not been seen as their initial appearances in Corriere della Sera and Corriere d’Informazione. Buzzati, who began his career at Corriere in 1928, evolved from a trainee to a special correspondent, with his experiences influencing his acclaimed novel Il deserto dei Tartari (1940). This thorough volume not only highlights Buzzati’s literary prowess but also offers a glimpse into the socio-political landscape of his time, making it a significant addition to Italian literature.